L'orientamento nelle scuole secondarie di II grado



 METODICA PER L’ORIENTAMENTO FORMATIVO IN AMBITO DISCIPLINARE  - Scuole secondarie di II grado
(Prof. Davide A. Leccese)

Questa conversazione, ad uso della formazione dei docenti, ha, come titolo, METODICA PER L’ORIENTAMENTO FORMATIVO IN AMBITO DISCIPLINARE, e, come sottotitolo, “Didattica delle discipline con valore orientativo”. La visuale dell’intervento è l’orientamento in itinere a favore degli studenti delle scuole secondarie di II grado, in vista del loro passaggio all’università.
Risulta evidente, dal titolo e dal sottotitolo, che ci rivolgiamo ai docenti perché avvertano l’importanza dell’orientamento non come impegno o tecnica esterna alla quotidiana azione didattica in classe, fuori della relazione formativa. Azione didattica e relazione formativa che costituiscono il nucleo essenziale del rapporto tra docente e alunni, tra scuola e nuove generazioni.
La capacità di essere “orientatori” dipende dalla formazione; nessuno s’illuda che si possa procedere – in questo campo – con improvvisazione o comportamenti occasionali. La professionalità docente richiede che – per essere orientatori – si devono possedere le conoscenze teorico-pratiche di ampio e preciso profilo, soprattutto in una società complessa, come quella attuale, che non fa sconti ai giovani, nella prospettiva della scelta degli studi – superiori e universitari – in vista delle professioni cui si aspira.
Quando, quindi, dicevamo che l’orientamento opera all’interno dell’attività didattica quotidiana e disciplinare, intendevamo sottolineare proprio la funzione orientativa delle materie d’insegnamento. Ogni materia – nessuna esclusa – costituisce la piattaforma del pensiero rigoroso e dell’agire consapevole per le competenze, da investire poi, nello schema specifico degli studi settoriali scelti, soprattutto negli studi universitari.
La vita orientata: Iniziamo questo percorso partendo da un’immagine che potrebbe apparire scontata e ripetitiva: la vita è un lungo viaggio nello spazio e nel tempo. Le generazioni lo affrontano in epoche diverse, precedendosi o seguendosi.
Chi viene prima ha il diritto/dovere – in un contesto sociale – di fornire gli elementi di comprensione del viaggio e gli strumenti (fisici – mentali – affettivi) che aiutino chi viene dopo ad inserirsi nei luoghi e nei tempi che saranno – di volta in volta – il suo “vissuto”.
Trasmettere/insegnare per il ricevere/apprendere è la base della vita in DIREZIONE DI….
Ecco perché parliamo di “progetto orientativo”: Tale trasmissione – al mutare dei luoghi, dei tempi e degli stili di vita – non può essere uno schema/fotocopia del passato verso il presente e il futuro ma deve adeguarsi al massimo rispetto del PROGETTO di ogni persona; progetto  contestualizzato al suo vissuto umano e sociale ma aperto ad una identità in fieri.
Il progetto di ogni persona, non un progetto con posologia generalizzata, una sorta di panacea a diffuso e aspecifico effetto. Ogni alunno ha già una sua microstoria da narrare e una storia da costruire, nella specificità avventurosa della sua vita e delle sue aspirazioni.
Qual è il richiamo di ogni nostro alunno, espresso o non esplicitamente pronunciato? Aiutami ad orientarmi, fai sì che io sappia disegnare la mappa del mio percorso, non darmi una mappa preconfezionata che io ho difficoltà a riconoscere come il mio cammino, come la strada giusta che posso e devo percorrere.
“Per me”, dice ogni alunno. Vuole un messaggio personalizzato, vuole non essere un numero sul registro, un “qualsiasi” a cui parlare. La sua strada, la sua fatica di camminare, il suo traguardo da raggiungere.
Detto, con un altro paragone simbolico, si tratta di centrare l’obiettivo, mirare al cuore delle possibilità delle proprie capacità e delle proprie prospettive. Insomma, saper mirare senza mano incerta e sguardo offuscato da conoscenze incerte e abilità improvvisate.
Sgombriamo subito il campo da un pericoloso equivoco: l’orientamento non è un intervento predicatorio, orchestrato su proclami retorici alle responsabilità della vita, al futuro ricco di prospettive facilmente raggiungibili. La cultura è la struttura forte dell’intervento orientativo; cultura calata nel rigore delle materie d’insegnamento e nelle conoscenze apprese. Studio continuo, serio, impegnativo. Questo è orientamento.
Perché si raggiunga il risultato auspicato è necessario che tra docenti e alunni si stabilisca un chiaro patto formativo da cui non sono esclusi i genitori, la famiglia. Patto chiaro e vincolante.
Il patto formativo è anche PATTO SOCIALE nel senso che il contesto sociale, istituzionale, territoriale si fanno carico delle opportunità concrete di partecipazione alla formazione delle nuove generazioni, mettendo a disposizione le loro “ricchezze” perché la scuola e la famiglia possano produrre effetti educativi, formativi e istruttivi, facendo dell’orientamento scolastico un imprescindibile orientamento alla cittadinanza attiva
A questo punto la domanda è d’obbligo: l’orientatore è orientato? La domanda mira a generare la consapevolezza improcrastinabile che, per essere orientatore, il docente deve essere orientato, deve sapere qual è il suo percorso professionale, dove affonda le sue radici di educatore e di formatore. Deve, in fondo, mettere in crisi le certezze comode che basta affidarsi al tran tran della quotidianità in classe, dello svolgersi del programma così come da sempre corre l’insegnare e l’apprendere.
Una scuola di qualità decide di impostare percorsi orientati ed orientativi. Bene. Ma saranno iniziative aggiunte alle tante che la scuola programma o dovrà essere un modo nuovo e coraggioso di essere scuola? E’ necessario precisare e chiarire che, invece di pensare ad una scuola quantitativamente impegnata, la scuola s’imposta come qualitativamente connotata; insomma non tanto “più scuola” ma soprattutto una “scuola più”.
Prima abbiamo accennato ai programmi, a quell’insieme organico degli insegnamenti, formalizzati in percorsi di conoscenze, competenze e abilità. Insegnamenti istituzionali che comunque restano l’ossatura del “fare scuola” in classe.
Ma ogni docente sa bene che i programmi costituiscono, appunto, l’insieme delle conoscenze, delle competenze e delle abilità da impegnare in ulteriori conoscenze, competenze e abilità da conseguire negli studi successivi e, poi, nella vita lavorativa e professionale di ogni alunno. In questa maniera i programmi sono orientanti.
Solo in questa maniera la tanto decantata azione di ricollocamento della scuola al centro del progetto-società sarà realizzata. Una scuola che s’impone come terreno fertile per la cittadinanza attiva, competente e consapevole; una società che non coltiva illusioni ma neanche si assume la grave responsabilità della delusione per promesse mancate con precipizi sulla strada del futuro dei giovani.
Abbiamo citato la società; ma come si presenta oggi la società?
ü  La società si presenta oggi ricca di una molteplicità di opzioni lavorative e professionali.
ü  Proprio questa molteplicità, che accompagna le mutate e aumentate esigenze della vita, genera complessità e rischia di creare l’ANSIA DELLA SCELTA e DELLE DECISIONI.
ü  Il sistema formativo ha il compito – delicato e difficile – di “accompagnare” la persona nell’assunzione di consapevolezza del suo ruolo e nell’acquisizione delle conoscenze, competenze e abilità spendibili nel futuro lavorativo e professionale.
ü  L’acquisizione delle conoscenze, competenze e abilità  non soddisfa in toto la motivazione dell’apprendere se non è preceduta dall’assunzione di responsabilità verso il proprio destino umano e professionale.
ü   Spetta quindi all’ORIENTAMENTO agire in consonanza con tutta la persona in modo che avverta il suo impegno come coinvolgimento pieno e responsabile nella sua storia.
Un accenno lo abbiamo fatto al docente orientatore, affermando che per orientare occorre essere orientati; per essere orientati occorre formarsi in percorsi di abilità professionali specifici e rigorosi.
Questo perché:
ü  Il DOCENTE ORIENTATORE si colloca al punto cruciale degli snodi motivazionali
        istruttivi
        formativi
        educativi
ü   Il DOCENTE ORIENTATORE
        lavora didatticamente con gli strumenti della sua disciplina
        lavora didatticamente utilizzando le curvature d’intreccio con le altre discipline
        lavora didatticamente fondendo – nel rispetto della specificità dei tempi e dei ruoli – insegnamento e apprendimento
        non perde mai di vista l’orizzonte dello sviluppo armonico della “persona-studente”

E’ bene precisare che:
ü  L’ORIENTAMENTO non è “schiavizzato” all’acquisizione di conoscenze/competenze al solo uso professionale
        sarà la persona formata a decidere – in una con le opzioni cercate e offerte – come impegnarle
ü   Il DOCENTE ORIENTATORE mira a generare – con l’insegnamento – nello studente
        la consapevolezza-realizzazione di sé
        la consapevolezza del mondo
Esplicitiamo questa affermazione: Una volta si diceva che non si apprendeva per la scuola (soltanto) ma per la vita. Oggi è necessario affermare che, apprendendo per la scuola, si deve apprendere per la vita, si deve far tesoro di quelle mappe della conoscenza che poi dovranno portare alla scoperta di ulteriori conoscenze nella propria vita professionale.
Ritorna la domanda: L’orientatore è orientato?
La domanda ritorna perché:
Ci apprestiamo ad orientare i giovani ma ci interroghiamo sul DISORIENTAMENTO, umano e professionale, dei genitori e dei Docenti?
Fino a che punto la crisi generale d’identità degli adulti non ricade sulla crisi dei giovani di oggi?
Può un orientatore non interrogarsi prima sul suo “status” e affrontare in maniera neutra il compito che gli è stato affidato?
Solo così possiamo parlare di Orientamento responsabile.
Per poter ORIENTARE occorre avere la consapevolezza rigorosa della propria condizione e delle reciproche prospettive.
Per quanto riguarda i DOCENTI si tratta di avere la consapevolezza della RESPONSABILITA’ DI RUOLO; ruolo non solo di chi favorisce la conoscenza ma anche la costituzione di personalità nelle nuove generazioni.

Cominciamo ad entrare nello specifico dell’orientamento scolastico.
ü  Per poter ORIENTARE occorre avere la conoscenza – non “per sentito dire” – sia del sistema formativo universitario che del complesso mondo del lavoro e delle professioni.
ü  Si evidenzia, invece, una grave frattura, nella scuola italiana, tra segmento formativo scolastico e sistema formativo universitario e mondo del lavoro e delle professioni.
ü  La “frattura” è evidenziata
       Dalle competenze disciplinari in uscita dal sistema scolastico
       E dalle competenze disciplinari in ingresso nel sistema universitario
Domanda: Quando sistema scolastico e sistema universitario s’incontreranno per definire – nel reciproco interesse formativo – un pannello delle conoscenze che favorisca la progressione del sapere, pur nella specificità degli originali sistemi in progress?
E’ il momento di approfondire la questione del rapporto tra scuola e società; questione che abbiamo lasciato sotto traccia ma che è sempre presente nella nostra riflessione sull’orientamento scolastico e professionale.
ü  La società si caratterizza oggi con una molteplicità di opzioni, sia personali che collettive.
ü  I diffusi e frequentati livelli di istruzione consentono alle nuove generazioni di cimentarsi in “progetti di vita” ricchi e insieme complessi.
ü  La scuola – come sistema istituzionale dell’ istruzione e della formazione – deve tener conto di questa molteplicità e di questa complessità.
ü  La molteplicità e la complessità del sistema sociale, richiamano in causa la cultura – la civiltà e l’istruzione:
ü  L’istruzione e la formazione devono poter contare su BASI SOLIDE  e APPLICAZIONI FLESSIBILI
ü   I patrimoni di cultura e di civiltà di un popolo restano i riferimenti di base della formazione dei giovani ma con apertura curiosa, critica e disponibile ai patrimoni di cultura e di civiltà forniti dalla mondialità.
È necessario fare una riflessione – sia pure come accenno – alla “mondialità” per quanto riguarda la sfera dell’istruzione e della formazione.
Siamo pieni di mondo; tocca a noi se essere aggrediti o partecipi della mondialità, conservando, come preziosa, la dimensione del mio territorio – come radice – e dell’orizzonte che ci accompagna oramai come condizione di quel viaggio che ogni giorno ci attende e che attende soprattutto le nuove generazioni.
Come coniughiamo l’istruzione nella pratica attuazione dell’azione scolastica in funzione orientativa?
· Le materie d’insegnamento sono “strategie di pensare e di agire” che, attingendo a quei patrimoni, risaldano il passato con il presente e si aprono al futuro.
· I soggetti che apprendono non sono da considerare meri “contenitori di conoscenze” ma protagonisti di apprendimento.
· I “contenuti”, pur imprescindibili ai fini dell’istruzione e della formazione, non sono il fine ultimo dell’apprendimento, senza  che si finalizzino i contenuti stessi.
Attenzione, però: le materie d’insegnamento – come strategie del pensare – non possono, anzi, non devono ridursi a un pacchetto solido e scisso dai problemi che la società pone al pensiero e ai sentimenti umani perché – come sostiene Mario Arcelli, nel suo testo su “La globalizzazione” - proprio dalla capacità di concepire con larghezza di orizzonti la nuova società mondiale  dipenderà il benessere di molte generazioni che seguiranno”.
Ecco che allora la conoscenza si connota come “sguardo sul mondo”; sguardo sul mondo non solo come luogo di orizzonti ma come elemento pulsante della vita.
Approdiamo allora alla “società della conoscenza”; società della conoscenza che è il terreno fertile dell’orientamento.
ü  La conoscenza: solo se è connotata da socialità genera una comunità di “conniventi” (vivere-cum)
ü  La conoscenza : solo se è connotata da connivenza genera una comunità di “consapevoli” (cum-sapio)
ü  La conoscenza: solo se è connotata di consapevolezza genera “cointeressenza” (cum-interest)
ü  Ancora:
  fine a se stessa è destinata a finire miseramente
  finalizzata solo al limite di “a che mi serve?” è inservibile
  senza confini “fluidi”, fissa i suoi limiti
  se non sconfina nella consapevolezza, si affievolisce in infiniti equivoci conoscitivi
E. facendo riferimento a una precedente affermazione, la domanda orientativa di base non è tanto “a che mi serve” ma “che ci sto a fare io qui, nella scuola, nella società, nella vita?”
Affidiamo ora a Francesco Digiacomoantonio una interessante riflessione sulla “ricerca di senso” dell’apprendere orientativo: Nella società contemporanea, ormai pienamente e oltremodo invasa dal progetto della modernità, un problema con cui sempre più esseri umani sono chiamati a confrontarsi è quello del senso. Il senso della realtà divenuta sempre più articolata, a causa delle evoluzioni scientifiche, tecnologiche, economiche e politiche; il senso delle relazioni sociali e della loro definizione e organizzazione, accresciute infinitamente dalle possibilità dei mezzi di comunicazione; il senso dello spazio e del tempo e del modo in cui è possibile organizzarlo; il senso del sapere che influenza il modo di interpretare e distinguere tra vero e falso, giusto e sbagliato; il senso dell’identità derivata dall’influenza di tutte queste relazioni”.
Come vivono i giovani questo coacervo di condizioni della società contemporanea? Galimberti ci avverte che: “l’emancipazione ha forse affrancato i nostri giovani dai drammi del senso di colpa e dallo spirito d’obbedienza, ma li ha innegabilmente condannati al parossismo dell’eccesso e dell’oltrepassamento del limite. Per cui genitori e insegnanti non sanno più come far fronte all’indolenza dei loro figli o dei loro alunni, ai processi di demotivazione che li isolano nelle loro stanze a stordirsi le orecchie di musica, all’escalation della violenza, allo stordimento degli spinelli che intercalano ore di ignavia. Tutti questi sintomi sono iscrivibili, come scrive il filosofo francese Benasayag: «nell’oscurarsi del futuro come promessa e nell’affacciarsi di un futuro come minaccia»”.
“Di fronte a questi ragazzi, che inconsciamente avvertono l’incertezza del futuro che li induce ad attardarsi in una sorta di adolescenza infinita, resta solo da dire a genitori e professori: non interrompete mai la comunicazione, buona o cattiva che sia, qualunque cosa i vostri figli o i vostri studenti facciano. A interromperla ci pensano già loro e, come di frequente ci dicono le cronache quotidiane, anche in maniera distruttiva”.

Ritorniamo sulla preparazione del docente orientatore. Dobbiamo purtroppo constatare che:
ü  La gran parte dei docenti attuali è stata formata dalla “vecchia scuola” che – ai suoi tempi – non era una “scuola vecchia” ma adeguata ai tempi di allora.
ü  La gran parte dei docenti non ha un aggiornamento professionale adeguato alle continue e sempre più complesse esigenze della didattica .
ü  La gran parte dei docenti non ha acquisito, in sede di formazione universitaria, competenze pedagogiche, psicologiche e di metodologie didattiche
Eppure la scuola, in generale, e i docenti – nello specifico – sanno che è fondamentale la definizione di identità professionale; ma
ü  Il percorso formativo, non  è finalizzato specificamente alla funzione docente orientativa
ü  Il sistema di selezione è pericolosamente incerto
ü  Il posto di lavoro è altrettanto incerto e fluttuante
ü  Ancora e peggio ancora:
ü  E’ debole la considerazione sociale dello “status”
ü  E’ inadeguato il livello retributivo
La debole considerazione sociale del ruolo ha, come substrato, l’altrettanto sottovalutata considerazione della CULTURA, se è vero – come è vero – che tutte le volte che si deve ridurre investimenti e finanziamenti, sono proprio la Cultura e la Ricerca scientifica a farne le spese.
Gli “addetti alla formazione” – allora – sono considerati nell’alveo della sottovalutazione della Cultura perché non è “monetizzabile” il risultato del loro impegno.
Bisogna riconoscere che molti docenti rispondono alle carenze colpevoli del sistema formativo con un supplemento personale d’impegno di studio e di formazione. Altri invece si adagiano nel terreno della sopravvivenza.
ü  Mancano nei docenti competenze nel campo dell’organizzazione e della programmazione del lavoro scolastico
ü  Una parte dei docenti si trincera nel “nazionalismo disciplinare” (ogni disciplina agisce disgiunta dalle altre)
ü  E’ preminente – nella didattica – il sistema routinario (spiegazione – interrogazione – compiti…)
Ma questa carenza formativa del docente è tutta colpa del docente o non è una scarsa e irresponsabile visione della dignità della professione docente del sistema?
Illuminanti risultano le considerazioni di Domenico Starnone, l’Autore di molti testi sulla condizione dei docenti e della scuola. Scrive Starnone: “La storia della nostra scuola è innanzitutto la storia della miseria degli insegnanti. Miseria dal punto di vista economico, ma anche formativo e culturale. Ci sono saggi che raccontano come i primi insegnanti dell'Italia unita, facevano l' insegnante e il calzolaio, l' insegnante e il sarto, l' insegnante e il sacrestano. In parole povere il doppio lavoro era congenito alla figura dell'insegnante. L'insegnante prendeva quattro soldi e così doveva tirare avanti, i suoi compiti erano molto ridotti, doveva insegnare a leggere, scrivere e a far di conto. Ridotti per modo di dire, ma lo Stato li considerava compitini”
Ecco allora la necessità di ricollocare la scuola al centro del progetto società, come ripetiamo quasi ossessivamente.
E’ giunto il momento di calare la nostra analisi nello specifico dell’azione del docente parlando della didattica: a che serve la didattica?
Prendiamo in prestito una riflessione di D’Amore e Frabboni: “Le didattiche disciplinari innanzitutto studiano i rispettivi programmi e le strategie di apprendimento delle singole materie scolastiche. Una disciplina disciplinare non può ignorare le indicazioni tecniche e metodologiche che provengono in particolare dalla didattica generale (ma anche dal complesso delle scienze dell’educazione), così come non può ignorare oggetto, metodi e finalità della disciplina di riferimento, la quale va continuamente considerata. Come osserva ancora Franco Frabboni le didattiche disciplinari dispongono di <<propri occhiali epistemologici: ermeneutici, investigativi e di formalizzazione teorica, mutuati prevalentemente dagli statuti delle loro discipline/madri>> (D’Amore, Frabboni, 1996)

Mauro Laeng ha osservato che “…la didattica sia la teoria della corrette ed efficace pratica di insegnamento: teoria, quindi riflessione ragionata, che tende a un assetto sistematico; ma teoria avente per oggetto uno studio di pratica, e quindi che muove dall’esperienza. La pratica in questione è quella che concerne l’insegnamento. (Laeng, 1982)

Prima abbiamo affermato che l’orientamento non è un’attività aggiuntiva alla didattica ma è la didattica che è pienamente orientativa. De Vecchi e Staluppi sostengono che: “E’ tuttavia indispensabile proporre nuove idee, modelli e strategie, trovare il modo più adeguato possibile di interpretare e trasmettere sul piano dell’insegnamento i progressi della ricerca, di caricare di valori le acquisizioni scientifiche, non soltanto quelle nuove, ma anche quelle tradizionali e consolidate che vanno riviste alla luce delle diverse esigenze dei giovani e della società”.
Il che comporta che la didattica sia profondamente rinnovata, se vorrà essere orientativa, puntando a:
a.      Obiettivi, cioè traguardi (di conoscenze e di abilità) che devono essere raggiunti dagli allievi
b.     Stato iniziale (conoscenze e abilità già conosciute dallo studente) e individuazione dei prerequisiti
c.      Condizioni per il passaggio dallo stato iniziale a quello voluto attraverso la formulazione degli obiettivi
d.      Valutazione dei risultati a breve e lungo termine per la verifica del progetto

A questo punto possiamo porci la domanda: Perché rinnovare la didattica? Perché il contesto sociale di riferimento è in continuo cambiamento. Ci poniamo, quindi, queste conseguenti domande:
a)     Possiamo continuare a pensare il mondo come una realtà unica ed indivisa?
b)    La “globalizzazione” facilita o rende più ardua la comprensione del mondo?
c)     Quanto la complessità della realtà tutela l’identità della PERSONA?
d)     La scuola può continuare a considerarsi un tutto stabile ed indiviso?
e)     Dobbiamo prendere atto e tenerne conto nella nostra azione orientativa, che:
                                I.            la cultura si confronta con l’ampliarsi dei confini del mondo conoscibile e rompe le graduatorie finora ritenute stabili a-priori, tutte a favore delle “culture dominanti”
                             II.            Si riscrivono non solo i codici interni alle conoscenze ma anche i codici interpretativi delle relazioni tra le varie culture
                           III.            Si ripercorre il passato per individuare i passaggi saltati e fraintesi
Possiamo ancora affermare che le materie d’insegnamento – prima chiuse nel “nazionalismo disciplinare” sono costrette ad aprirsi a nuove organizzazioni disciplinari integrate (bio-etica, psico-linguistica, musico-terapia, ecc.)
Non possiamo girare attorno a un problema delicato: scuola e società viaggiano su due binari distinti e talvolta lontani; solo se facciamo coincidere o almeno riavvicinare le tessere della  realtà e le tessere della conoscenza, il pensare diventa un pensare operativo e verificato sugli esiti delle conoscenze.
Non è possibile che valgano ancora alcuni parallelismi di convenienza per cui si dice: “Impara  e poi si vede” sull’uso delle cose che impari.
Solo facendo incontrare, senza cedimenti o confusione di ruoli, scuola e società, è possibile dar senso alla domanda – posta da ogni giovane – “che cosa farò da grande?”
Torniamo alla domanda-cardine: che significa orientare?
ü  Avere un punto di riferimento per individuare il miglior percorso per il raggiungimento di una meta
ü  Scegliere tra varie alternative, sia di punti di riferimento che di percorso, in relazione al punto di arrivo
ü  Avere a disposizione mezzi e strumenti per: individuare – scegliere – agire
Se questo significa orientare, qual è il compito dell’orientatore?
ü  La prima forma di azione orientativa è nella capacità di individuare le caratteristiche personali del soggetto da orientare
ü  Il docente orientatore accompagna ma non si sostituisce al soggetto da orientare lungo il cammino verso la meta
ü  Il fine ultimo dell’insegnamento non è tanto insegnare “cose” ma insegnare ad imparare perché il soggetto sia disposto ad imparare lungo tutto l’arco della vita.

Le tappe orientative:
·             Progettare il viaggio
·             Programmare il percorso
·             Organizzare le strategie di viaggio
·             Viaggiare a tappe
·             Avere sempre, come riferimento, la meta
Come si fa una scelta?
              Fare la scelta giusta
              Fare la scelta consapevole
              Analizzare i pro e i contro
              Saper distinguere tra ideali e velleità
              Saper distinguere tra vocazione e utilitarismo
Per poter orientare e, quindi, per saper orientarsi occorre avere chiari i contesti orientativi di base, a cominciare da un’idea precisa e costruttiva del proprio sé, con riferimento al contesto sociale, al contesto familiare; in questo s’innesta il percorso scolastico. Il tutto in un orizzonte di riferimento che apra prospettive di valorizzazione delle proprie capacità e dei propri intendimenti.

Analizziamo i contesti: Chiariamo subito che, quando parliamo di “contesti”, non intendiamo ingabbiare le prospettive, le aspirazioni e le possibilità di realizzazione ma intendiamo stabilire dati obiettivi di cui tener conto, per i vantaggi o gli svantaggi che presentano. La scuola ha il dovere di potenziare le opzioni (positive) e limitare gli ostacoli.
Parlavamo del proprio sé: esplicitiamone gli aspetti connotativi:
  chi sono?
  chi voglio essere?
  chi posso essere?
  Quali sono i miei interessi?
  Come so leggere la realtà?
Quindi l’analisi del percorso scolastico, uscendo fuori dallo schema artefatto del programmare artificioso, ponendoci domande che diano senso alle nostre capacità di orientarci:
              Conosco la scuola che frequento?
              La scelta è stata motivata e informata?
              Quali prospettive di formazione mi offre?
              Quali prospettive di prosecuzione degli studi?
Il contesto della famiglia:
  Cosa si aspetta da me la mia famiglia?
  Cosa mi aspetto io dalla mia famiglia?
  I miei genitori hanno predeterminato la mia scelta?
Il contesto sociale
       Lo spazio del mio “vissuto” mi aiuta nella mia formazione?
       Come vivo la realtà del mio contesto sociale?
       Intendo restare, in futuro, in questo contesto o no?
       Sono consapevole delle opzioni occupazionali che mi offre?
.
Consideriamo contesti orientativi di base quelli che rispondono a queste domande:
L’orizzonte di riferimento
Se intendo restare nel mio contesto, come intendo aprirmi a contesti più ampi?
Il mio orizzonte di riferimento è strettamente professionale o non anche culturale?
A che serve la scuola?
      Le conoscenze, le competenze e le abilità si conseguono con lo studio delle materie (ambiti disciplinari che condensano i saperi)
      La scuola è formativa se è VISSUTA e VIVIBILE
      La “dipendenza” dell’apprendimento dall’insegnamento progressivamente si riduce a mano a mano che l’alunno “impara ad imparare” per apprendere lungo tutto l’arco della vita.


LE MATERIE D’INSEGNAMENTO
      Costituiscono percorsi specifici e definiti di conoscenze e fanno appello alla cultura che si è consolidata nel corso dei tempi di una civiltà
      La specificità e la definizione non significano la “separazione” in quanto ogni ambito di conoscenza chiama in causa altri ambiti, direttamente o indirettamente correlati.
      Ogni materia di insegnamento-apprendimento è ORIENTANTE se rimanda alle altre materie in funzione di un’organica comprensione della realtà
Interdisciplinarità: Collaborazione fra discipline diverse o fra settori eterogenei di una stessa scienza (per addivenire) a interazioni vere e proprie, a reciprocità di scambi, tale da determinare mutui arricchimenti» (J. Piaget)
Pluridisciplinarità:
Si verifica quando, per studiare un "oggetto" (un fatto, un fenomeno, od altro) o risolvere un problema, lo affrontiamo da più punti di vista e ci avvaliamo, quindi, di più discipline, ciascuna con le sue metodologie e le sue procedure. Occorre sempre pensare che la realtà è costituita di "oggetti" e che le discipline sono astrazioni, esito di quelle operazioni mentali che gli uomini hanno costruito nel corso della loro storia per padroneggiare la realtà ed asservirla ai fini della sua sopravvivenza.
Si ha la pluridisciplinarità quando esperti di diverse discipline intervengono, ciascuno per la sua parte con i suoi referenti e i suoi metodi, all’analisi e alla soluzione di un problema. Nella pratica scolastica, si ha la pluridisciplinarità quando lo stesso oggetto (ad esempio, il fenomeno Napoleone) viene affrontato sotto più profili (politica, economia, diritto, tecnica militare, letteratura, scienze e tecnologie, e quant’altro), profili che possono aumentare o diminuire a seconda dei limiti e dei fini della ricerca. (fonte RAISAT – Esame di Stato)
Multidisciplinarità:
I Contenuti, configurabili nell’ottica multidisciplinare,  consentono di risolvere un problema attraverso l’ausilio di informazioni relative a più discipline che di fatto non conseguono un effettivo profitto, perché la sintesi non produce nascita di un’altra disciplina più ricca e più globale.
Si ha quando una disciplina nella sua attività di esplorazione, di studio, di soluzione di problemi, si avvale necessariamente di un’altra. E la casistica è ricchissima: un fisico non può fare a meno del calcolo o della geometria o della grafica per la rappresentazione e per la soluzione di un dato problema; uno storico non può fare a meno del calcolo e della geografia per la collocazione dei fatti storici nel tempo e nello spazio.
Ed ancora, qualsiasi specialista (un chimico, un biologo, ecc.) nel rappresentare gli esiti di una sua ricerca, non può fare a meno di padroneggiare una lingua e di avvalersi di tabelle, di grafici, di elaborazioni statistiche. I campi possono anche estendersi a dismisura; comunque, ciascuna materia, o disciplina, deve sempre utilizzare strumentalmente, o veicolarmente, i processi logici del calcolo e quelli della informazione verbale. (fonte RAISAT – Esame di Stato)
La transdisciplinarità
Come dice la parola stessa, la transdisciplinarità si situa al limite stesso di una singola disciplina. Se si pensa che le discipline non sono dei corpi di saperi conclusi e definiti in se stessi, ma nascono, si sviluppano e muoiono come qualsiasi altra cosa, si comprenderà – e questo grazie anche alle ricerche epistemologiche – come, soprattutto in questi ultimi anni, alcune discipline si siano dissolte ed altre siano nate ed altre ancora ne nascano giorno dopo giorno.
Quando discipline diverse e distinte si aggregano e si integrano in un nuovo sistema di quadri concettuali e di saperi fino a perdere l’originaria identità ed a crearne una nuova, si ha la transdisciplinarità. E non è un caso che negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di scienze del tutto nuove, quali le neuroscienze o le biotecnologie e tutte quelle discipline che, a ragion veduta, si dicono di frontiera.
Dal “nazionalismo” disciplinare all’integrazione dei saperi
Perché abbiamo trattato di questo sistema integrato tra le varie discipline? Ecco svelato il senso di questa dettagliata analisi: la scuola insegna con lo specifico disciplinare ma deve generare la capacità di integrare i saperi nella prospettiva di una visione del mondo funzionale alla consapevolezza dell’uomo e della sua realizzazione in quel mondo.
Possiamo fare a meno di alcune materie?
Il nostro sistema scolastico, a differenza di quello di altri Paesi, è caratterizzato da una quantità significativa di materie d’insegnamento. Rispondiamo alla domanda iniziale: potremmo fare a meno dell’attuale catalogazione degli argomenti nelle attuali materie ma non dobbiamo mai rinunciare all’analisi delle questioni culturali e scientifiche nella stessa catalogazione e nelle stesse materie racchiuse. Tutti avvertono la necessità di “ridisegnare” gli ambiti disciplinari delle materie scolastiche, distinguendo e accorpando in base alle mutate e ampliate riflessioni culturali sulle materie stesse.
Evitare la voglia di “abbandono”
Alcuni studenti, presi dalla voglia di schierarsi subito a favore della presunta definitiva scelta di indirizzo futuro di studio, “abbandonano” o affievoliscono lo studio delle materie di quegli ambiti che ritengono “non necessari” a quei futuri studi. Niente di più errato e pericoloso: la preminenza di interesse e di attenzione non dovrà mai significare l’isterilimento delle altre competenze e conoscenze che in ogni professionista costituiscono bagaglio collaterale, fungibile per le competenze di settore.
Non si può fare a meno di saper….
1.                      LEGGERE
2.                      SCRIVERE
3.                      FAR DI CONTO
Attribuendo, a queste competenze di base, un significato diverso e attuale rispetto a quello originario, legato all’analfabetismo:
1.                      Continuo arricchimento delle proprie conoscenze
2.                      Saper usare correttamente tutti gli strumenti della comunicazione
3.                      Sapersi cimentare nell’ambito delle conoscenze e competenze scientifico-logico-matematiche.

Rapporto tra le discipline
La scuola insegna con tutta la scuola e l’insegnamento delle varie discipline – pur con statuto epistemologico distinto – concorre alla formazione integrale della persona arricchendone le capacità di:
      Pensare
      Agire
      Avere emozioni e sentimenti
      Ogni disciplina d’insegnamento ha un suo “specifico” ed insieme agisce, rispetto alle altre materie, in funzione di “prestito”.
       L’insegnamento di Lingua italiana presta competenze comunicative a tutte le altre discipline, agendo sia come apprendimento della lingua (struttura di base della comunicazione) che come linguaggio (sistema di segni adoperati nella normale comunicazione)
Nel rapporto tra le discipline è necessario ribadire che le stesse devono tutelare la loro specificità. Facciamo, quindi, appello all’EPISTEMOLOGIA:  Si occupa dei fondamenti delle diverse discipline scientifiche à Interrogarsi su cosa sia – di per sé – una disciplina.
RICERCA DI “SENSO”
Ogni apprendimento presuppone l’aver posto, a fondamento di ogni conoscenza, la ricerca di “senso” della propria vita; senza questo fondamento si rischia o la dispersione della propria identità o il prevalere della parcellizzazione in risultati attesi di carattere precario à illusione à delusione.
LA SCUOLA PER…
Saper comunicare
   parlare
   leggere
   scrivere
Saper far di conto
Interpretare e gestire i segni e i simboli
“Gustare” i suoni, lo spazio
Interpretare – provando – le emozioni e i sentimenti
Decidere come agire sui problemi in cerca di soluzioni


LA LINGUA ITALIANA
      comunicazione, 
      testo, tipologie testuali, 
      scritto/ parlato,
      varietà linguistiche,
      lingua/linguaggi,
      lingua/dialetto,
      lingue speciali/settoriali/professionali
      storia della lingua
..
PARLARE…COMUNICARE
“……Una particolare attenzione va dedicata alla comprensione e alla produzione del discorso parlato e scritto, in tutta la pluralità di testi possibili, sollecitando sia l'efficacia della comunicazione sia il controllo della validità delle argomentazioni. La pratica degli usi funzionali più diversificati della lingua parlata e scritta significa familiarizzare con i diversi generi di discorso: un'esperienza da iniziare presto nella scuola di base, ma che andrà continuata, ripresa e approfondita ai livelli ulteriori. Dunque, un'assoluta priorità deve essere accordata al "controllo della parola", e in particolare una nuova enfasi e urgenza va riposta sulla capacità di scrivere correttamente ed efficacemente in italiano. (Cfr. Documento dei saperi di base)
 “……La tradizione orale e retorica dell'istruzione e della cultura italiana non sono buone basi per una moderna educazione. Né lo è l'acritica accettazione delle attuali tendenze comunicative dei mass media. L'educazione, a qualunque livello, non può essere basata sul ricalco orale di un concetto o di un'informazione, dentro un arco di tempo estremamente ridotto. E' necessario andare controcorrente, ed insistere sul valore insito nelle attività di ricezione-produzione di lingua scritta, e sull'allenamento mentale che esse comportano…..”. (Cfr. Documento dei saperi di base)

LE LINGUE
      I popoli s’incontrano, si scontrano, si confrontano, si mescolano, s’invadono.
      Si allargano i confini e si difende la “propria terra”
      Le lingue rendono esplicite le differenze e le integrazioni
      Le lingue narrano i percorsi di cultura e di civiltà e sono funzionali ai tempi del vissuto dei popoli
      E’ tale, oramai, l’integrazione tra le lingue, gli stili di vita….
      La mondialità comunicativa consente l’approccio, in tempo reale a tutti gli angoli della terra….
      E’ necessaria, quindi, una comprensione, attraverso lo studio delle lingue, delle culture e del vissuto dei popoli; condizione – questa – che facilita la convivenza pacifica e combatte le incomprensioni e gli egoismi settari.

LA STORIA
      Non possiamo essere NEUTRALI ma dobbiamo essere OBIETTIVI
      Umiltà nel metodo di ricerca, rigorosi nei processi di analisi, costanti nello sforzo di indagare
      La narrazione storica non esaurisce la conoscenza storica
      La storia presuppone LE STORIE
      Un popolo senza la consapevolezza del proprio passato è condannato a non avere un futuro
      La “narrazione”: Per noi la storia – didatticamente – esige l’analisi storiografica.
      I fatti distinti dalle opinioni ma per avere – poi – una propria opinione sui fatti

LA GEOGRAFIA
      La Geografia e le Geografie
      Le Geografie non appartengono tutte alla materia scolastica di Geografia
      La geografia ha in sé, da sempre, tutte le caratteristiche per sviluppare quella interdisciplinarità nella formazione culturale delle persone, che la Commissione ministeriale dei 39 "saggi" sembra ricercare. Dal momento che si occupa dello studio di fenomeni in trasformazione, continuamente modificati da fattori naturali o dall'intervento umano, essa è inoltre una scienza dinamica, in costante evoluzione. Muta l'ambiente oggetto di analisi, sotto la pressione di agenti naturali o per cause provocate artificialmente; l'assetto urbano subisce cambiamenti di aspetto e di organizzazione; sistemi di comunicazione e trasporto sempre più evoluti accorciano le distanze effettive tra le varie parti del mondo e tra i suoi abitanti. Mutano altresì, e si aggiornano continuamente, i metodi e gli strumenti conoscitivi con cui studiare questi fenomeni. (Fonte Touring Club Italia)
La Geografia e le Geografie:
Abbiamo accennato alla necessità di parlare di geografie più che di geografia. Abbiamo precisato che questa è una materia d’insegnamento che coinvolge vari e complessi aspetti della realtà materiale e dell’agire umano.
Spiegare agli studenti che Geografia significa – ad esempio – politica – statistica – ecologia – topografia – etnografia – demografia – economia – fenomeni migratori, ecc., vuol dire impegnare le menti dei giovani nel delicato problema del rapporto tra l’uomo e la natura, tra gli uomini e la convivenza tra i popoli, tra l’uomo e i fenomeni di produzione.

LE SCIENZE UMANE
Acceso è il dibattito, scientifico e didattico, sulla definizione di Scienze Umane. Prendiamo da fonte Wikipedia una delle possibili definizioni, solo a titolo indicativo: “Per scienze sociali (dette anche scienze umane o studi sociali) si intendono l'insieme delle pratiche di indagine, finalizzate alla comprensione dei fenomeni e degli aspetti meta-biologici presenti nel comportamento umano, nelle relazioni interpersonali, nella costruzione dei legami affettivi nello sviluppo della sessualità, nella produzione di codici culturali e nella formazione di usi, costumi e tradizioni”.
Tra le Scienze umane, particolare rilevanza hanno quelle che sono oggetto di studio specifico nella scuola, ad indirizzo appunto umanistico-sociale: Filosofia, psicologia, pedagogia, sociologia.
E’ indubbio che lo studio di queste materie ha una forte influenza nella maturazione del pensiero critico dei nostri giovani, nell’acquisizione di parametri culturali di alto profilo.
E’ anche necessario precisare che le stesse materie hanno estremo bisogno di uscire dalla riduttiva didattica dell’apprendimento “per narrazione” per approdare ad un apprendimento per analisi critica, sistematica e approccio a fonti, oltre che per esercizio “laboratoriale”.
A CHE SERVONO LE SCIENZE UMANE
1)                     Conoscere l’evoluzione del pensiero umano attraverso le opere dei maggiori pensatori
2)                     Saper affrontare il problema della complessità del mondo attuale
3)                     Dotarsi di competenze sempre più raffinate nell’analisi del sé, dei processi sociali e delle relazioni interpersonali
4)                     Garantire anche al mondo del lavoro  persone con elevata flessibilità di pensiero e una forte capacità di adattamento ai cambiamenti.

LE SCIENZE
La cultura scientifica costituisce componente indispensabile della formazione di tutti i cittadini nel mondo contemporaneo dove essa estende la propria sfera di azione sui fatti che riguardano la vita fino ad inserirsi a fondo nella sfera dei giudizi di valore. Pertanto in quest’area l’insegnamento delle scienze deve fornire elementi di fisica, chimica e biologia moderne per inquadrare i risultati scientifici e le applicazioni tecnologiche più importanti del ventesimo secolo, la natura dei problemi aperti e le tendenze della ricerca e mettere in evidenza l’importanza sociale dell’attività scientifica attraverso la discussione dei rapporti che legano scienza, tecnologia e società. (A cura delle Associazioni Nazionali per l’ insegnamento delle discipline scientifiche AIF, DD/SCI e ANISN)

L’EDUCAZIONE SCIENTIFICA (nel contesto europeo)
Che cosa è importante che un cittadino conosca, a cosa è importante che dia valore e che cosa è importante che sia in grado di fare,  in situazioni che richiedono il ricorso alla scienza e alla tecnologia o che sono in qualche modo da esse determinate?”
Le competenze che costituiscono il nucleo centrale della definizione di literacy (alfabetizzazione) scientifica sono fondamentali per rispondere a questa domanda.
Competenze della literacy scientifica:
   le conoscenze: portano a formulare ipotesi che conducono a nuove conoscenze;
   la comprensione della scienza: intesa come forma di sapere e d’indagine propria degli esseri umani;
   la consapevolezza di come scienza e tecnologia plasmino il nostro ambiente materiale, intellettuale e culturale;
   la volontà di confrontarsi con temi e problemi legati alle scienze.

L’EDUCAZIONE SCIENTIFICA (in Italia)
La scienza, la formazione scientifica diffusa sono un bene pubblico, una necessità in un Paese moderno alla pari del complesso dei saperi e delle attività intellettuali di un Paese. La scienza è cultura: altrove si tratta di una affermazione ovvia, ma nel Paese di Leonardo, Galilei, Enrico Fermi non sembra esserlo. Perché da noi alcuni non l’anno sconsiderata conoscenza vera, ma solo parziale, settoriale; e perché nella realtà, nel senso comune nostro non è apprezzata come bagaglio indispensabile della persona colta.

L’EDUCAZIONE SCIENTIFICA (in contesti formali e informali)
      L’educazione scientifica non può essere circoscritta solo ad ambienti formali come la scuola/università o i laboratori di ricerca, la scienza si trasmette anche attraverso l’uso di ambienti informali.
      Il fare scienza in contesti informali sviluppa la curiosità, l’emozione, il piacere di esplorare i fenomeni naturali e costituisce un aspetto rilevante nel rapporto con la realtà.

IL METODO SCIENTIFICO (o indagine scientifica)
L’INDAGINE SCIENTIFICA
§ Origine (curiosità, domande scientifiche)
§ Scopo (produrre dati, idee correnti/modelli/teorie che guidino le indagini)
§ Esperimenti (progettazione di una ricerca)
§ Tipi di dati (quantitativi e qualitativi)
§ Misure (incertezza, precisione degli strumenti)
§ Caratteristiche dei risultati (provvisori, verificabili, falsificabili)
SPIEGAZIONI DI CARATTERE SCIENTIFICO
§ Tipi (ipotesi, teoria, modello, legge)
§ Modi in cui si formano (rappresentazione dei dati, ruolo delle conoscenze esistenti e nuovi elementi di prova, creatività, logica)
§ Regole (coerenti, fondate su dati, collegate alle conoscenze pregresse)
§ Risultati (nuove conoscenze, nuovi metodi, nuove tecnologie; sviluppare nuove domande e nuove indagini)

LA COLLABORAZIONE TRA LE DISCIPLINE
Abbiamo più volte evidenziato che solo un approccio sistemico e complesso, con la “collaborazione” tra le discipline e i saperi, rende servizio di conoscenza alla complessità della società attuale.
Materie istituzionalmente definite “umanistiche” e materie “scientifiche” concorrono alla formulazione di quesiti e di risposte ai problemi dell’uomo contemporaneo.
La parcellizzazione, la frattura o – peggio ancora – la contrapposizione dei saperi non favorisce un apprendimento orientativo.

LA BIO-ETICA
Potter nel 1970 introduce il termine composto di bio-etica. Il significato di questo termine comprende la complessità della ricerca scientifica congiunta alla sfera umana. In realtà potremmo associarli ad un equilibrio dinamico, all’evolversi di un sistema ecologico in cui, tra etica e scienze, si istaura un flusso/scambio di energia e materia.

LA MATEMATICA
La matematica risulta lo spauracchio generale degli studenti italiani. E’ molto probabile che non sia tale la matematica in sé, quanto la materia scolastica. Il che chiama in causa un certo modo d’insegnare matematica, in particolare, e le materie scientifiche in generale.
La domanda più diffusa, tra certi studenti, è: A che serve la matematica?
Se invece di affidarci alle “formule”, pur necessarie per le strategie procedurali delle “operazioni matematiche”, partissimo dalle concrete applicazioni, probabilmente i giovani comprenderebbero che siamo “invasi”, nella nostra vita quotidiana, di matematicità, di percorsi che la scienza – non solo quella del “calcolo” – ha sistemato grazie all’indispensabile apporto della LOGICA.

A CHE SERVE LA MATEMATICA
La Matematica è “invasiva”; difatti costituisce il linguaggio delle scienze sperimentali e sono innumerevoli le sue applicazioni alla Fisica, all’Astronomia, alla Chimica, all’Ingegneria, all’Informatica, alla Biologia e all’Economia.
Per questo motivo il suo studio svolge un ruolo importante e insostituibile nella formazione del pensiero razionale.
Chi è abituato allo studio della Matematica è portato ad affrontare qualsiasi problema (anche di natura non matematica) con intelligenza e logica.
Si potrebbe dire che la Matematica serve a ogni persona per fare meglio qualsiasi cosa.
La Matematica abitua all’onestà intellettuale: nella dimostrazione di un teorema o nella risoluzione di un problema non si può imbrogliare o barare.(Giovanni Fiorito, Professore di Analisi Matematica nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania)

LE TECNOLOGIE
La parola viene dal greco techne = arte (collegato alla poiesis, ovvero alla produzione), che rimanda ad  una radice indoeuropea, tek = tessere, la stessa da cui derivano, tramite il latino, le parole italiane: testo, tela, testa, testuggine, ecc.  Il passaggio dal greco all’italiano non è lineare e semplice. 
In latino la parola techne è sostituita da ars, artis: una parola che ha una radice in comune con artus e arma (strumento, giuntura, articolazione). Di derivazione greca, compare  nella lingua latina solo un raro aggettivo, technicus (maestro di un’arte, specialista)  impiegato da Quintiliano.
Educare i giovani alla comprensione e all’uso della tecnica e, quindi, delle tecnologie – con gli “strumenti” correlati – richiede processi educativi e formativi esigenti.
Quel che l’uomo ha “costruito” nel corso dei millenni rappresenta lo sforzo congiunto della ragione e della creatività: la scienza costituisce il tessuto connettivo di ogni “produzione”
La scuola insegna ad “usare” gli strumenti che accompagnano l’azione umana ma non ne diventano “padroni”.
L’uso degli strumenti (specie quelli tecnologici e informatici) non deve “impigrire” l’uomo, annullando lo sforzo della ricerca e la fatica delle procedure di azione e di pensiero, legate agli esigenti percorsi dell’apprendere per problemi e soluzioni

LA MANUALITÀ E LA MANIPOLAZIONE
La scuola italiana predilige il pensiero all’azione con la riduzione della manualità a ruolo secondario nella formazione delle competenze.
La dimensione laboratoriale è ridotta e circoscritta ad alcune tipologie di percorsi formativi.
Occorre, quindi, riscoprire il raccordo tra pensiero e azione, tra logica e gesto conseguente
LA MANUALITÀ E LA MANIPOLAZIONE
Lo “sperimentalismo” con la manualità creativa, consente il coinvolgimento di tutta la persona e storicizza ogni passaggio di apprendimento, personalizzando i processi astratti e “procedurando” le esperienze, stabilendo un raccordo significativo tra sequenzialità e conseguenzialità.

LA CORPOREITÀ
E’ un altro aspetto, del sistema formativo e scolastico italiano, che dobbiamo dichiarare “perdente”. Si ha l’impressione che gli studenti portino a scuola solo la mente e che il corpo sia solo il tramite di conduzione dell’unico momento di interesse dei processi formativi
La stessa “affettività”, l’educazione emotiva – che tanta mediazione svolge tra razionalità e corporeità – subisce i condizionamenti di quella visione prevalentemente cerebrale della scuola.
Né vale dichiarare che l’Educazione Fisica, così come è collocata tra le materie, svolge il ruolo che le competerebbe se fosse davvero considerata essenziale.
Ridare centralità alla PERSONA è compito primario e fondamentale della scuola che accompagna il giovane lungo tutto l’arco del complesso fenomeno del suo sviluppo psico-fisico.
Considerare l’armonica crescita del corpo importante come l’armonica crescita della mente.
Stabilire rapporti rigorosi tra le varie discipline, soprattutto tra quelle scientifiche, chiamate in causa dall’insegnamento dell’Educazione Fisica.
“Fare” Educazione Fisica – con l’esercizio in strutture adeguate, attrezzate e importanti – didatticamente - come le aule e i laboratori.
Quanto sia importante e necessaria una nuova visione dell’insegnamento dell’Educazione Fisica è accertato dalla condizione – tipica della gioventù d’oggi – di un “uso” distorto del proprio corpo, sottoposto a ritmi di vita disarticolati, stressanti, irrispettosi dell’equilibrio psico-fisico e, in alcuni casi, sottoposto a “traumi” pericolosi per lo sviluppo e la salute.
La conoscenza dell’identità del proprio corpo – grazie allo studio delle materie scientifiche, della psicologia, oltre che delle discipline sociali e umanistiche fa sì che il giovane abbia una completa visione del proprio sé, delle proprie capacità e dei propri limiti: lo sport – praticato con rigore – è un ottimo antidoto ad ogni forma di “patologia del proprio sé”, condizione di rischio nella società attuale.

LE MATERIE DEL PENSIERO E DELLA PSICHE
Sono argomenti e questioni che esercitano una forte attrattiva nei giovani e, per la delicatezza della trattazione, richiedono competenze rigorose.
I giovani, attraverso lo studio di queste discipline, vogliono capire se stessi, gli altri e il mondo che li circonda.
La scuola ha il dovere di fornire ai giovani conoscenze stringenti e scientificamente attestate nel campo, evitando che si facciano strada pericolosi e dilettanteschi luoghi comuni; conoscenze che coinvolgono lo sviluppo psico-fisico e aiutano a comprendere il sistema della relazione sociale e gran parte degli aspetti contenutistici di tante altre discipline (letteratura – arte – storia – filosofia, ecc.); materie che richiamano in causa il pensare dell’uomo e il suo atteggiarsi di fronte alla sua storia.

L’EDUCAZIONE ESTETICA
      Educare al senso del “bello”,
      saper esprimere un giudizio sull’equilibrio delle forme,
      sapersi cimentare con la creatività,
      saper vivere lo spazio tra le cose e delle cose secondo un equilibrio razional-emotivo, oggettivo-soggettivo;
      Conoscere le creazioni artistiche dell’umanità come testimonianza della civiltà e delle culture dei popoli nel corso dei millenni.
      La produzione degli oggetti, nella società contemporanea, è fortemente condizionata dal mercato; “meravigliare”, “cambiare”, “uscire dai canoni” sono i parametri della logica della produzione, quindi dell’”economico”, a tutto danno – talvolta – della qualità estetica e culturale e con grave danno per l’equilibrio psico-fisico-affettivo dei giovani.
      Combattere la società dell’apparire, combattere il sottomettersi alle cose in sostituzione dell’essere se stessi.

L’EDUCAZIONE MUSICALE
«La musica comprende l’insieme delle arti alle quali presiedono le Muse. Essa racchiude tutto quello che è necessario all’educazione dello spirito» (Platone)
Tutti hanno il diritto di sviluppare questa propria creatività e di crescere insieme a essa. La scuola deve sostenerla ed educarla, deve rispondere a questo diritto e a questo bisogno che è coerente con i suoi traguardi formativi. L’esperienza musicale deve pertanto diventare un patrimonio culturale e umano condiviso da tutti, perché promuove l’integrazione di diverse componenti, quella logica, quella percettivo-motoria e quella affettivo-sociale.
Se poi teniamo presente che la vita dei nostri giovani è “invasa” di musica, di sonorità – a volte esasperata e non educata – comprendiamo bene quale responsabilità abbia il sistema formativo che disconosce l’importanza dell’EDUCAZIONE MUSICALE, ne trascura gli alti elementi culturali e formativi e favorisca un vuoto pericoloso nell’equilibrio della personalità delle nuove generazioni.

LE MATERIE DELLA RELAZIONE ECONOMICA
Se facciamo appello all’etimologia della parola, ci troviamo di fronte a due requisiti di base: casa e regola= saper amministrare, mediante le “cose”, il proprio spazio vitale secondo principi regolatori.
Quanto sia importante dare ai giovani un’educazione all’uso delle cose – private e pubbliche – all’uso del danaro, ai comportamenti del dare e dell’avere, è compito di una corretta educazione.
Le discipline scolastiche che trattano, quindi, degli aspetti economico-finanziari di una società complessa, come la nostra, contribuiscono, quindi, non solo a fornire le conoscenze di base al cittadino su questioni specifiche del settore ma anche a saper organizzare il suo lavoro, le relazioni sociali e familiari, la sua sussistenza quotidiana

LE MATERIE GIURIDICHE
Abbiamo sempre definito la nostra società come “complessa”; il diritto, le leggi attraversano fin nelle fibre della società questa delicata condizione e richiedono, quindi, che la scuola dia il suo contributo con un’istruzione significativa sul piano delle regole della società e delle sue leggi.
Conoscere le leggi, saperle interpretare, evidenziare gli aspetti stringenti dei diritti e dei doveri fa sì che la scuola si assuma il compito di formare l’UOMO e il CITTADINO, come è richiesto dal suo statuto fondativo.

LA CULTURA CLASSICA
Rinunciare alla formazione classica dei nostri giovani significa decidere di fare a meno, per il futuro, delle radici della nostra cultura e della nostra civiltà; cultura e civiltà che non ci hanno trasmesso solo testi letterari o argomenti a carattere umanistico ma hanno assicurato ai posteri il patrimonio ricco e complesso, di cui dobbiamo andare fieri, in ogni settore dello scibile, anche scientifico.
Molti parlano – del Latino, del Greco – come di “lingue morte”.
Una lingua estinta (o lingua morta) è una lingua che non ha più locutori nativi. Normalmente ciò avviene quando una lingua è soggetta ad estinzione linguistica e viene direttamente rimpiazzata da una lingua diversa, ad esempio il copto sostituito dall'arabo e molte lingue native americane, sostituite da inglese, francese, spagnolo e portoghese.
Un uso più controverso del termine lingua morta, si riferisce ad una lingua più antica che è cambiata significativamente e si è evoluta in un nuovo gruppo linguistico. (Wikipedia)
Se quindi, come è il caso del Latino e del Greco, restano alla radice delle attuali lingue parlate, non possiamo catalogarle tra le lingue morte.
Tra l’altro a renderle vive e presenti contribuisce quel patrimonio letterario, filosofico, storico, artistico, archeologico, scientifico, culturale e di civiltà a cui facevamo riferimento prima.

L’EDUCAZIONE CIVICA
Dedichiamo l’ultima parte di questo approfondimento sulla funzione orientante delle materie a quella che tradizionalmente era chiamata EDUCAZIONE CIVICA.
Seguiamo le riflessioni di un esperto, GIOVANNI MISSAGLIA: “La discussione sullo statuto epistemologico dell’Educazione civica è attraversata da contrasti profondi. Si deve anche considerare che i progetti di riforma di questi ultimi anni rendono incerto il quadro in cui si inserisce questo dibattito. Più dei contributi teorici, perciò, è l’osservazione delle pratiche didattiche dominanti che ci può aiutare a capire il modo in cui questa “disciplina” viene percepita, rappresentata e pensata tanto dagli studenti che (non sempre) ne fruiscono quanto dai docenti che (non sempre) la insegnano”.
Sempre GIOVANNI MISSAGLIA spiega in che cosa debba consistere l’insegnamento:
1.                      come conoscenza delle fondamentali strutture sociali in cui l’individuo è inserito, da quelle più immediate e “concrete” come la famiglia a quelle più lontane ed “astratte” come lo Stato;
2.                      come insieme più o meno organico di conoscenze storiche e, soprattutto, giuridiche ed economiche;
3.                      come insieme di regole di “condotta” per vivere in comunità.
In definitiva, secondo un approccio non solo istruttivo ma EDUCATIVO e FORMATIVO, l’Educazione Civica o alla Cittadinanza dovrebbe mirare – con azione trasversale di tutti gli insegnamenti e specifica della materia – a:
 generare consapevolezza della propria condizione personale e sociale, nell’ottica dei DIRITTI e dei DOVERI
 a fare riferimento costante non solo alla società dei DIRITTI ma anche alla società dei DOVERI
generare conoscenza critica delle leggi e delle regole delle comunità di cui si fa parte come protagonista
 sentirsi ATTORI del buon vivere civile e sociale con la partecipazione attiva e responsabile alla convivenza sociale
 educare al rispetto di sé e degli altri in espansione dalla visione del proprio vissuto alla mondialità
 a fare delle proprie esperienze una condizione di confronto democratico per l’affermarsi della relazione pacifica e dignitosa degli uomini.

CONDIZIONE DI PROFILO DEL DOCENTE-FORMATORE
1.                      Conosce la materia
2.                      E’ motivato alla funzione docente
3.                      Ha una cultura di base estesa e flessibile
4.                      Sa lavorare in team
5.                      Ha competenze psico-pedagogiche
6.                      Ha competenze metodologico-didattiche
7.                      Ha competenze comunicativo-relazionali
8.                      Si aggiorna continuamente
9.                      Coltiva la sua persona e la sua personalità
IMPARARE AD INSEGNARE - INSEGNARE AD IMPARARE
ü     Il docente formatore è preoccupato di imparare ad insegnare adeguando continuamente il metodo alle esigenze degli alunni e della disciplina d’insegnamento
ü     Il docente formatore focalizza la comunicazione didattica in equilibrio tra il rigore disciplinare e le esigenze di apprendimento degli alunni
ü     Il docente formatore si preoccupa soprattutto di trasferire metodo di apprendimento mediante i contenuti e l’esercizio sui contenuti stessi

IMPARARE LUNGO L’ARCO DI TUTTA LA VITA
v     La complessità della vita genera complessità e problematicità della conoscenza;
v     Le strutture “solide” del sapere si confrontano continuamente con lo sviluppo aperto e flessibile della ricerca.
v     La conoscenza è AUTOREVOLE solo quando è partecipata e resa responsabilizzata con i fruitori.





Fonti consigliate















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